giovedì 20 settembre 2012

Vulkaneifel


L'Eifel è una regione della Germania occidentale, particolarmente adatta alle escursioni e alle attività ricreative all'aperto. Anche le cittadine della regione, con i loro vecchi e caratteristici edifici sono attrazioni turistiche degne di essere visitate. La regione dell’Eifel è anche meta preferita dei fan dei motori, infatti è qui che si trova uno dei tre circuiti automobilistici tedeschi, il Nürburgring. Nel nord della regione il Parco nazionale dell'Eifel ospita il Rursee, uno dei più grandi laghi artificiali della Germania. Ci sono molti sentieri per escursioni che sono sempre affiancati da corsi d’acqua.

Vista dall'alto del Rursee

Seguendo la Rur si arriva a Monschau: la città è incantevole, ricca di case a graticcio sotto tetti di ardesia. Tessitori di lana e produttori di tessuti nel 18° secolo hanno reso ricca Monschau. Testimonianza ne è la "Rote Haus", una volta era sede originaria della famiglia Scheibler. Nella Marktplatz c’è una fontana dedicata ai conciatori, tessitori e tintori che hanno lavorato e vissuto a Monschau.

Fontana a degli artigiani  Monschau

Lungo la strada più a sud-est, il paesaggio cambia volto. Gli "occhi della Eifel" qui sono i Maar, laghi di origine vulcanica, formatisi in antichi crateri già da tempo inattivi. Solo nel paesino di Wallenborn sono visibili regolari segni di vita sulla superficie terrestre: ogni 45 minuti il "Wallende Born" sputa fuori un geyser, un getto d’acqua ricco di zolfo e anidride carbonica.

Geyser Wallenborn in inverno

L'Eifel è anche un luogo d’ispirazione molto apprezzato dai monaci anche in tempi precedenti. Tra i molti monasteri nella zona orientale dell’Eifel c’è la stupenda abbazia benedettina di Maria Laach, fondata e costruita nel 1093 in pietra locale: tufo, calcare, arenaria, basalto, lava e scisto. La chiesa del convento è un perfetto esempio di architettura romanica. "Ora et labora et lege", è in latino la regola dell'ordine dei Benedettini. Pregare e lavorare e leggere regolano ancora il ritmo della vita nel monastero, che in alcune zone è aperto anche agli ospiti.

Nordschleife (Curva Nord del Nürburgring)

Il Nürburgring è l'unica fonte di "rumoroso disturbo"nell’Eifel. Gli appassionati degli sport a motore sono nel loro elemento qui: possono ammirare i loro campioni al volante durante la stagione agonistica di Formula 1 e del Campionato Touring Car o anche provare le proprie abilità di guida in pista sul leggendario rettilineo con la famigerata Nordschleife (Curva Nord). Ai piedi della Rocca di Nürburg si tiene ogni anno nel mese di giugno, il festival all'aperto "Rock am Ring" a cui partecipano band di primo piano e più di 80.000 appassionati di musica. Tutti sono i benvenuti nell’Eifel con le sue foreste e corsi d’acqua, i suoi magnifici panorami e i suoi spettacoli automobilistici e musicali.


Panorama dei Maar (Vulkaneifel)


venerdì 14 settembre 2012

La Germania vista dagli scrittori europei: Antonio Muñoz Molina


Cosa dicono di noi gli scrittori europei (5a parte)

Articolo in lingua originale:

Europas Schriftsteller: Wie wir euch sehen

Un intero continente in crisi: Ovunque aleggia la minaccia della bancarotta, del collasso economico e della disoccupazione di massa. Molti europei sono quindi in collera con la ricca Germania e il governo di Angela Merkel: ma noi tedeschi siamo davvero così potenti? Siamo noi che tormentiamo l’Europa? Otto scrittori di Eurolandia hanno detto cosa pensano di noi


Antonio Muñoz Molina (Spanien)

Se si dà credito alle osservazioni di alcune fonti autorevoli, sembra essere evidente che l’intransigenza con cui le richieste del governo tedesco, rivolte ai paesi più vulnerabili dell’Unione Europea, di una più radicale austerità, ci spinge ulteriormente alla rovina. Anche se la distinzione tra paesi responsabili e paesi spreconi non è così ben definita come sembra, per molti anni le banche dei paesi ricchi hanno tratto grossi vantaggi, finanziando le economie deficitarie dei paesi emergenti. Con l’abbondanza di denaro, che ha alimentato la bolla immobiliare spagnola, sono state finanziate la riunificazione delle due Germanie e la crescita dell’economia tedesca. Senza il grande interesse dei turisti tedeschi e britannici, e dei pensionati che hanno acquistato case per vacanze in Spagna, il mercato immobiliare spagnolo sarebbe stato molto meno attraente per gli investitori. Col senno di poi, si sarebbe potuto prevedere con anni di anticipo la bancarotta imminente dell’economia spagnola. Tuttavia ancora nel 2007 la borsa spagnola era il mercato più redditizio d’Europa, e alcuni dei quotidiani più in vista, che oggi ci negano la rispettabilità creditizia, diffondevano un ottimismo, che già a quel tempo a pochi di noi sembrava completamente irrazionale.

Non voglio negare o diminuire la responsabilità della Spagna. Ma ho l'impressione che il governo tedesco e l'opinione pubblica, con tutte le critiche giustificate che arrivano dall’esterno, abbia chiuso troppo volentieri un occhio di fronte alla propria mancanza di responsabilità nei suoi fallimenti. Ma anche se così fosse, non servirebbe a nulla. E anche se si avesse ragione al 100% il disastro non diventa meno grave. Forse molte persone in Germania non vedono – o non vogliono vedere - che l'austerità imposta non fa che rafforzare la crisi, e l'ingiustizia non può che continuare a crescere, dato che per il momento la gente che non ha la minima colpa per il disastro, non può fare altro che pagare i conti, e sono i poveri, i lavoratori, i dipendenti pubblici in pensione, i malati indigenti, gli emigrati. Nonostante tutto ciò io non provo avversione verso la Germania, e credo che la stessa cosa valga per molti spagnoli. Al contrario, per uscire dall’abisso in cui ci troviamo, abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale; e qui possiamo, quando si tratta di determinate competenze personali e senso comunitario, imparare dalla Germania: l'amore per un lavoro attento, la coerenza, la responsabilità individuale, rispetto per la consapevolezza della conoscenza e dell'esistenza di un bene comune e dei valori sociali. Come molti anni fa, quando ebbi il mio primo presentimento che il mio paese si stava dirigendo nel baratro, nonostante l'ondata di successo, sono ancora convinto che si possa imparare dalle migliori qualità della Germania.

mercoledì 12 settembre 2012

La Germania vista dagli scrittori europei: Roberto Saviano

Cosa dicono di noi gli scrittori europei (4a parte)
Articolo in lingua originale:

Europas Schriftsteller: Wie wir euch sehen

Un intero continente in crisi: Ovunque aleggia la minaccia della bancarotta, del collasso economico e della disoccupazione di massa. Molti europei sono quindi in collera con la ricca Germania e il governo di Angela Merkel: ma noi tedeschi siamo davvero così potenti? Siamo noi che tormentiamo l’Europa? Otto scrittori di Eurolandia hanno detto cosa pensano di noi.




Roberto Saviano (Italien)

C’è stata una Germania in ogni fase della mia vita. Da ragazzino, la Germania per me era quella dei biondissimi Rudi Völler e Klinsmann; quella del rigore di Andreas Brehme ai mondiali del 1990, contro la squadra di Maradona, dopo la vittoria sulla nazionale italiana; quella della Germania dei racconti di mio nonno, il paese dei campi di concentramento, dove fu imprigionato, e dei tedeschi che arrivati nella nostra Caiazzo, furono autori di un efferato massacro. Poi c’è stata la Germania degli italiani emigrati a Stoccarda, Monaco e Amburgo, che mi suggerirono di fare come loro, perché “uno con la testa come la tua qui può fare subito carriera”. La Germania delle turiste che ci facevano impazzire, quando arrivavano sulla Costiera Amalfitana per farsi corteggiare da noi, come delle dee nordiche scese dal cielo; con loro si realizzava ciò che con le nostre ragazze non avremmo mai osato fare, neanche in sogno! Era la Germania delle borse di studio ottenute senza raccomandazioni. La Germania della democrazia che vince sulla Repubblica Tedesca dell’Est. La Germania, secondo mio padre, del cibo immangiabile, delle donne fantastiche a letto (soprattutto con gli italiani), e della gente, soprattutto i bavaresi, “che sono cordiali quasi quando noi meridionali”. Per i miei amici la Germania era il paese in cui tutto fila liscio, in cui gli ospedali funzionano, in cui la polizia è civile, in cui si può fare sesso senza inibizioni e senza essere sposati, e in cui si può aprire un buon ristorante. Per i miei familiari emigrati era il paese in cui si lavorava molto, ma si guadagnava anche, in cui sono stati un po’ maltrattati, in cui s’incontravano soprattutto persone antipatiche e solo qualche volta quelle gentili e da cui si poteva ottenere qualcosa solo se si sgobbava come tutti. Non c’era una Germania, ma parecchie. E ora c’è la Germania che deve aiutarci, che ci critica, che vuole seppellire l’Europa; è la Germania della signora Merkel, che ha nelle sue mani il destino di tutti noi. Ecco che ritorna a galla l’antico pregiudizio su di un paese, con la stessa superficialità degli stereotipi che circolano sull’Italia. Effettivamente l’errore in Germania è quello di non considerare l’Europa come un soggetto, ma di vedere solo il cuore economico dell’Europa, e la Germania sbaglia anche quando tratta il resto dell’Europa come se non ne facesse parte. Siamo dannatamente simili, e anche la Germania è dannatamente simile a tutta l’Europa, anche se non vuole ammetterlo. Ecco perché tutti si aspettano qualcosa da lei. Quando si tratta di discutere si trasforma in uno spauracchio: il binomio Merkel-Germania “ci massacrerà tutti” come un esercito, che può salvarci o annientarci. Come accade per chi ti salva o ti fa precipitare nell’abisso, puoi o amarlo o odiarlo. C’è una Germania che ragiona col cuore e una Germania che ragiona col cervello, una di cui si può parlare a tavola con gli amici, e una che si spera possa esistere. Non si può più parlare di una sola Germania, ce ne sono numerose, e ognuna rappresenta una particolare idea, una particolare immagine. Ogni volta che si parla della Germania, il suo destino non ha nulla a che fare con i paesi, che non solo la circondano, ma la compongono, viene il sospetto che lo spirito europeo si stia indebolendo e che il suo DNA si stia alterando. Lo stesso accade se si pensa agli altri paesi europei, la loro salute dipende dall’aiuto tedesco. La Germania è diventata questo contrasto. Mentre contribuisce, aiuta se stessa e si danneggia allo stesso tempo. Tagliare questo nodo gordiano significa comprendere il destino di questo paese. Noi italiani siamo la Germania (Anche se non sembra) e la Germania è l’Italia (Anche se ai tedeschi non va mica tanto giù!)


venerdì 7 settembre 2012

La Germania vista dagli scrittori europei: Petros Markaris

Cosa dicono di noi gli scrittori europei (3a parte)

Articolo in lingua originale:
Europas Schriftsteller: Wie wir euch sehen

Un intero continente in crisi: Ovunque aleggia la minaccia della bancarotta, del collasso economico e della disoccupazione di massa. Molti europei sono quindi in collera con la ricca Germania e il governo di Angela Merkel: ma noi tedeschi siamo davvero così potenti? Siamo noi che tormentiamo l’Europa? Otto scrittori di Eurolandia hanno detto cosa pensano di noi.



Petros Markaris (Griechenland)
I poveri e gli emarginati non hanno alcuna simpatia per i ricchi. E’ sempre stato così e i tedeschi si devono rassegnare. Altri ricchi stanno bene anche così. Questa è un’interpretazione, che probabilmente piace di più ai tedeschi. Ce n’è una seconda, più complessa. I tedeschi hanno più di tutti approfittato dell’euro. Gira anche voce in Europa che la Germania sia stata l’unica a beneficiare dell’introduzione dell’euro. Se fosse vero, si farebbe ai tedeschi un torto. Poiché questo risultato non è ne’ un caso ne’ un privilegio. I tedeschi hanno una fiorente economia, grazie ai loro richiestissimi prodotti di elevata qualità, che sanno abilmente rendere competitivi.
Il problema è che i tedeschi vogliono applicare questa ricetta economica di grande successo anche alla politica. I tedeschi vogliono fare politica spendendo poco. Essi controllano l’intero sistema economico, ma nel loro pensiero politico non tengono conto delle priorità nazionali. Prendiamo ad esempio il dibattito sull’uscita della Grecia dall’eurozona. Quasi ogni giorno c’è un politico diverso che dice la sua, e la cosa è’ comprensibile. L’anno prossimo ci saranno le elezioni in Germania e queste dichiarazioni hanno una valenza elettorale. Solo che quest’atteggiamento non è degno di un politico di un paese che vuole mantenere il predominio in Europa. In primo luogo perché dà l’impressione che la Germania decida da sola chi va e chi viene nell’Eurozona. La cosa non suona bene soprattutto nell’Europa del sud. In secondo luogo perché tali decisioni vanno prese a tempo dovuto, senza strombazzarle tanto in anticipo.
I tedeschi dicono spesso che dovremmo imparare da loro. E’ vero. Per una buona gestione economica potremmo imparare molto dai tedeschi, ma loro dovrebbero imparare qualcosa sulla politica dagli americani. Poiché questi ultimi hanno risollevato economicamente l’intera Europa del dopo guerra, in particolare proprio la Germania dell’Ovest, spendendo per questo scopo una quantità enorme di capitali, tra sovvenzioni e prestiti (Piano Marshall). Si erano resi conto che per diventare una potenza mondiale, c’è da pagare anche un prezzo. I tedeschi vogliono essere una potenza di primo piano in Europa, ma non ne vogliono pagare il ben che minimo prezzo. Una leadership senza prezzo nella politica mondiale non esiste sin dai tempo della seconda guerra mondiale, fatta eccezione per l’Unione Sovietica.

martedì 4 settembre 2012

La Germania vista dagli scrittori europei: John Banville


Cosa dicono di noi gli scrittori europei (2a parte)
Articolo in lingua originale:
Europas Schriftsteller: Wie wir euch sehen

Un intero continente in crisi: Ovunque aleggia la minaccia della bancarotta, del collasso economico e della disoccupazione di massa. Molti europei sono quindi in collera con la ricca Germania e il governo di Angela Merkel: ma noi tedeschi siamo davvero così potenti? Siamo noi che tormentiamo l’Europa? Otto scrittori di Eurolandia hanno detto cosa pensano di noi.




John Banville (Ireland)Assillati da ogni tipo di difficoltà, noi irlandesi ora abbiamo sete di vittorie. Ecco perché molte migliaia di appassionati di calcio irlandesi si sono recentemente spinti fino in Polonia, per assistere ai mondiali di calcio. All’inizio del campionato, una mattina la prima pagina di un nostro quotidiano ha pubblicato la foto di un gruppo di tifosi irlandesi, che reggeva allegramente uno striscione su cui era scritto: “Angela Merkel crede, che ci stiamo dando da fare”. Una battuta davvero impertinente – ma che nasconde un atteggiamento indicativo. Tutta l’isola irlandese è stata per otto secoli una colonia britannica diventata indipendente solo nel 1922. Tuttavia nella giovane repubblica aleggia ancora una certa antipatia nei confronti della Gran Bretagna, presunta fonte di ogni male, nel passato come nel presente. Come ci si può aspettare che cresciamo, questo ci è stato chiesto, quando la grande matrigna minaccia ancora aldilà del mare d’Irlanda?
Poi abbiamo aderito alla CEE, come si chiamava allora e lentamente abbiamo iniziato a focalizzare meglio nostri obiettivi. Inizialmente l’adesione alla comunità europea era considerata poco più di una miniera d’oro dai nostri contadini, su cui le sovvenzioni della CEE si riversavano come una pioggia d’oro. Denaro gratis! In quei primi giorni nelle nostre menti l’Europa era considerata più o meno come grande blocco unico, in cui riuscivamo a stento a distinguere le varie nazione di cui la CEE era formata. Provavamo un certo affetto per la Germania, che alla fine non ci aveva mai bombardato, tranne una volta per errore. Oggi tuttavia la Germania non è più solo quella lontana nazione produttrice di automobili di marca, ma si è improvvisamente investita del ruolo di amministratore finanziario dell’Europa, il cui portafoglio ben chiuso si apre con riluttanza. In altre parole: a est della nostra isola è spuntata un’altra madre, più forte della Gran Bretagna. Una mamma che ci dice che non ci sono più soldi finché non mettiamo in ordine la cameretta. Angela Merkel crede che ci stiamo dando da fare? Con l’aiuto del cielo e dell’alta finanza: dovrebbe ben saperlo lei.